Proseguendo con la riscoperta di autori ingiustamente occultati, proponiamo diversi testi esemplari dal volume Il male minore (Mondadori 1960) di Luciano Erba. Qui di seguito la motivazione, scritta da Maurizio Cucchi, per l’inclusione del poeta nel Famedio di Milano.
«Alla nostra città ha dedicato versi memorabili e, soprattutto, ne ha saputo esprimere alcuni caratteri essenziali. E cioè la viva concretezza senza accenni di autocompiacimento enfatico, l’eleganza naturale e sobria, la capacità di introdurre il nuovo legandosi alla propria tradizione e dunque assorbendo in sé il senso del passato. Libri come Il male minore, Il nastro di Moebius o L’ipotesi circense, per citarne solo alcuni, sono punti fermi nella storia della poesia italiana ed europea del secolo scorso, libri nei quali la grazia sottile, l’attenzione tutta lombarda al reale quotidiano, la verve, il senso del paradosso, la manzoniana robustezza morale antiretorica e insieme la fantasia emergono nella compostezza impeccabile dello stile. Una poesia, quella di Erba, di altissima qualità quanto di grande, rara leggibilità». SENZA RISPOSTA Ti ha portata novembre. Quanti mesi dell’anno durerà la dolceamara vicenda di due sguardi, di due voci? Se io avessi una leggenda tutta scritta direi che questo tempo che ci sfiora ci appartiene da sempre. Ma non sono che un uomo tra mille e centomila ma non sei che una donna portata da novembre e un mese dona e un altro saccheggia. Sei una donna che oggi tiene un naufrago impaziente dimmi tu sei scoglio o continente? * LA GRANDE JEANNE La Grande Jeanne non faceva distinzioni tra inglesi e francesi purché avessero le mani fatte come diceva lei abitava il porto, suo fratello lavorava con me nel 1943. Quando mi vide a Losanna dove passavo in abito estivo disse che io potevo salvarla e che il suo mondo era lì, nelle mie mani e nei miei denti che avevano mangiato lepre in alta montagna. In fondo avrebbe voluto la Grande Jeanne diventare una signora per bene aveva già un cappello blu, largo, e con tre giri di tulle. * I ragazzi partiti al mattino di giugno quando l’aria sotto i platani sembra dentro rinchiudere un’altra aria i ragazzi partiti alla pesca con un’unica lenza ma muniti di un paniere ciascuno a bandoliera in silenzio ora siedono sul filobus avviato veloce al capolinea e il sogno rifanno che Milano abbia azzurre vallate oltre il Castello dove saltino i pesci nei torrenti. Sui prati rimane un po’ di nebbia la tinca nella sua buca di fango ricomincia a dormire. Mattiniera la carpa perlustra attorno ai bordi di un tranquillo canale e le rogge, di prato in prato, di filare in filare, arriveranno i ragazzi dove è fitta la verzura dei fossi, dove gialli sono i fiori degli ireos e come spade le foglie tagliano fresche correnti sotto l’ombra dei salici.
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