A cento anni dalla nascita e a quindici dalla morte, «Doppia esposizione» vuole ricordare un grande poeta peruviano che ha vissuto in Italia - tra la Sardegna e Milano - diversi decenni della sua vita, Jorge Eduardo Eielson (Lima 1921 - Milano 2006). È stato anche pittore e la sua opera comprende generi come la narrativa, la drammaturgia, la critica, la cronaca giornalistica anche se è stato, essenzialmente, un poeta. Nel 1945 ha vinto, poco prima di abbandonare per sempre il paese natale, il Premio Nazionale di Poesia peruviana con il libro d’esordio, Regni. Nel 1978 ha vinto la borsa di studio Guggenheim per la Letteratura. Ha partecipato come pittore alle Biennali di Venezia del ‘64, ‘66, ’72 e ‘88, e a quella di Parigi (1971) e dell’Habana (1989). Ha pubblicato due romanzi, Il corpo di Giulia-no (1971) e Prima Morte di Maria (1988) e, tra le altre, le raccolte in versi Regni, Canzone e morte di Rolando (1959), mutatis mutandis (1967), Poesia scritta (1976), Notte scura del corpo (1989), Senza titolo (2000), Celebrazione (2001), Canto visibile (2002), Nodi (2002), De materia verbalis (2002), Dell’amore assoluto e altre poesie senza titolo (2005) e, postume, Stanza a Roma (2008), Pytx (2008) e Poeta a Roma (2009).
La selezione dei testi che proponiamo e la loro traduzione sono a cura del poeta peruviano (di origine italiana) Mario Pera, che ne introduce così l’opera: «È indiscutibile che sentisse un’enorme ammirazione e affetto per le culture, i ricordi, i paesaggi e i grandi amici peruviani; e nonostante questo, percepisco insieme un rifiuto (sicuramente incosciente) rispetto a un paese la cui società e il cui ambiente culturale si erano dimostrati sempre chiusi, mediocri. Gran parte della sua opera è inspirata alle culture precolombiane peruviane, ai paesaggi costieri desertici visti da bambino... La sua opera letteraria trasuda una difficile semplicità tanto nel contenuto quanto nei giochi del linguaggio. Lo spazio, le tensioni (i nodi), gli accavallamenti e il gioco di parole e suoni sono aspetti costanti».
DOPPIO DIAMANTE
Conosci il tuo corpo sfera notturna
Sfera notturna
Uragano solare conosci il tuo corpo
Conosci il tuo corpo conosci
La tua ammirabile testa le tue gambe che muovono
Il centro miserabile
Dei miei occhi d’oro
I miei occhi d’oro per averti guardato
D’oro per averti sognato
Per averti pianto?
Conosci il tuo corpo
Forza degli anni
Calore dei pianeti?
Ah, creatura! La tua nudità mi soffoca
Le tue scarpe mi scottano
I giorni magnetizzati sono le mie notti
Vuoto altezza ritrovata asilo freddo. Con te
Gli astri mi annoiano
Le specie piangono
Muoio mi alzo chiamo torno a morire
Chiamando grido tra i rami orino e fumo cado
Come un raggio facilmente nella tua gola. Con te
Solo silenzio piazza di orrori sedimenti
Cascata immobile pietra chiusa
Abissi d’oro ci seguono
Rabbiosi amici
Attraverso i raggi canti bestemmie
Soli e serpenti mondi di vetro
Pomi perduti
Albe con pioggia pioggia di sangue
Temperatura e tristezza.
Ah, misteriosa! Odio la tua testa pura
Imbecille velluto tigre delle alture
Odio il cerchio salato
In cui ti penso nasconde
Odio il peso delle giornate
I polipi che mi bevono goccia a goccia
Bevendoti insieme siamo attrito!
I polipi luminosi che governi
I cedri inumiditi dal tuo alito
I secoli di bellezza in cui agonizzo
La luna e i miei desideri di uccidere
L’immagine delle tue labbra fresche i fiumi e i monti
I passi incantati della mia mano
Nella tua gola.
Ah, i miei 30 000 fiori vivi
Morbido esercito vespertino battaglione profumato!
Rotazione del mio corpo
Fammi tornare al mio corpo
Distruggimi subito gli occhi
Le unghie e i denti sul frutto
Trasformami in silenzio.
Lascia rotolare le mie lacrime
Sullo specchio che adoro
Sulla viva atroce remota chiara
Nudità che mi dissolve
Sul diamante che pure mi annienta
su tantissimo cielo e tanta perfezione nemica
Su tanta inutile bellezza
Tanto fuoco planetario
Tanto mio desiderio.
(da Doppio diamante, 1942)
*
DOBLE DIAMANTE
¿Conoces tu cuerpo esfera de la noche
esfera de la noche
Huracán solar conoces tu cuerpo
Conoces tu cuerpo conoces
Tu admirable cabeza tus piernas moviendo
El centro miserable
De mis ojos de oro
Mis ojos de oro de mirarte
De oro de soñarte
De llorarte?
¿Conoces tu cuerpo
Fuerza de los años
Calor de los planetas?
¡Ah criatura! Tu desnudez me ahoga
Tus zapatos me queman
Días imantados son mis noches
Vacío colmo encontrado asilo frío. Contigo
Los astros me aburren
Las especies lloran
Muero me levanto clamo vuelvo a morir
Clamando grito entre ramas orino y fumo caigo
Como un rayo fácilmente en tu garganta. Contigo
Sólo silencio placa de horrores sedimentos
Cascada inmóvil piedra cerrada
Abismos de oro nos persiguen
Rabiosos amigos
A través de rayos cantos blasfemias
Soles y serpientes mundos de vidrio
Pomos perdidos
Amaneceres con lluvia lluvia de sangre
Temperatura y tristeza.
¡Ah misteriosa! Odio tu cabeza pura
Imbécil terciopelo tigre de las alturas
Odio el círculo salado
En que te pienso oculta
Odio el peso de los días
Los pulpos que me beben gota a gota
Bebiéndote a la vez ¡somos rocío!
Los pulpos luminosos que gobiernas
Los cedros empapados por tu aliento
Los siglos de hermosura en que agonizo
La luna y mis deseos de matar
La imagen de tus labios frescos los ríos y los montes
Los pasos encantados de mi mano
En tu garganta.
¡Ah mis 30 000 flores vivas
Suave ejército vespertino batallón perfumado!
Rotación de mi cuerpo
Hazme volver a mi cuerpo
Destrúyeme los ojos en el acto
Las uñas y los dientes sobre el fruto
Conviérteme en silencio.
Deja rodar mis lágrimas en cambio
Sobre el espejo que adoro
Sobre la viva atroz remota clara
Desnudez que me disuelve
Sobre el diamante igual que me aniquila
sobre tantísimo cielo y tanta perfección enemiga
Sobre tanta inútil hermosura
Tanto fuego planetario
Tanto deseo mío.
*
FORO ROMANO tutte le mattine quando mi sveglio
il sole arde fisso nel cielo
il caffelatte fuma in cucina
io chiedo a chi accompagna
quante ore ho dormito?
ma nessuno risponde
apro gli occhi e le braccia cercando un appoggio
tocco il tavolo di legno e la notte cade con violenza
un fulmine spegne la luce del sole
come la luce di una candela
torno a chiedere
il caffelatte di secoli fa fuma ancora nella polvere?
ma nessuno risponde
nell’oscurità mi alzo e lo bevo
ma verifico che il latte è freddo
e il caffè riposa come il petrolio
a vari chilometri sottoterra:
una silenziosa colonna si spiuma tra le mie braccia
trasformata in cenere
il sole torna bruscamente ad alzarsi
e declinare rapidamente
in una tempesta di foglie e uccelli rossicci
dentro la mia stanza il crepuscolo brilla un instante
con le sue quattro sedie d’oro negli angoli
cerco di ricordare la mia infanzia con le mani
disegno alberi e uccelli nell’aria come un idiota
fischio canzoni di mille anni fa
ma un’altra colonna di cenere precipita tra le mie braccia
e le mie mani cadono ricoperte di rughe repentine
chiaramente adesso l’acqua del rubinetto
mi ricorda i primi bagni nel fiume
vaghi rumori nudità profumi vento
maiali bagnati all’ombra degli aranci
la mia memoria è forse immortale come il tuo corpo
quando ti spogli davanti a me
tu che non sei altro che un pezzo di marmo
montagna di polvere
colonna
orologio di cenere
osso su osso che il tempo vaglia nei miei occhi?
forse non ricordo le ultime ore della notte
quando ti baciavi furioso sulla mia culla di ferro
come se baciassi un cadavere?
io chiedo a chi mi accompagna
amore mio velocissimo
quanto tempo è passato da allora
quante ore
quanti secoli ho dormito senza contemplarti?
ma nessuno mi risponde
(da Doppio diamante, 1942)
*
FORO ROMANO
todas las mañanas cuando me despierto
el sol arde fijo en el cielo
el café con leche humea en la cocina
yo le pregunto a quien me acompaña
¿cuántas horas he dormido?
pero nadie me responde
abro los ojos y los brazos buscando un apoyo
toco mi mesa de madera y la noche cae con violencia
un relámpago apaga la luz del sol
como la luz de una vela
vuelvo a preguntar
¿el café con leche de hace siglos humea aún en el polvo?
pero nadie me responde
en la oscuridad me levanto y lo bebo
pero compruebo que la leche está helada
y el café encendido yace como el petróleo
a varios kilómetros bajo tierra:
una silenciosa columna se desploma entre mis brazos
convertida en cenizas
bruscamente el sol vuelve a elevarse
y a declinar rápidamente
en una tempestad de hojas y pájaros rojizos
dentro de mi habitación el crepúsculo brilla un instante
con sus cuatro sillas de oro en las esquinas
trato de recordar mi infancia con las manos
dibujo árboles y pájaros en el aire como un idiota
silbo canciones de hace mil años
pero otra columna de cenizas se desploma entre mis brazos
y mis manos caen cubiertas de repentinas arrugas
claramente ahora el agua del lavabo
me recuerda mis primeros baños en el río
vagos rumores desnudez perfumes viento
cerdos empapados bajo la sombra de los naranjos
¿mi memoria es quizás tan inmortal como tu cuerpo
cuando te desnudas ante mí
tú que no eres sino un pedazo de mármol
montaña de polvo
columna
reloj de ceniza
hueso sobre hueso que el tiempo avienta en mis ojos?
¿no recuerdo acaso las últimas horas de la noche
cuando te besaba enfurecido sobre mi catre de hierro
como si besara un cadáver?
yo le pregunto a quien me acompaña
amor mío velocísimo
¿cuánto tiempo ha pasado desde entonces
cuántas horas
cuántos siglos he dormido sin contemplarte?
pero nadie me responde
*
10
scrivo qualcosa
qualcosa ancora
ancora di più
aggiungo parole uccelli
foglie secche vento
cancello ancora parole
cancello uccelli foglie secche vento
scrivo qualcosa ancora
ritorno a aggiungere parole
ancora parole
parole ancora
e anche uccelli foglie secche vento
cancello ancora parole
cancello uccelli foglie secche vento
cancello tutto alla fine
non scrivo niente
(da mutatis mutandis, 1967)
*
10
escribo algo
algo todavía
algo más aún
añado palabras pájaros
hojas secas viento
borro palabras nuevamente
borro pájaros hojas secas viento
escribo algo todavía
vuelvo a añadir palabras
palabras otra vez
palabras aún
además pájaros hojas secas viento
borro palabras nuevamente
borro pájaros hojas secas viento
borro todo por fin
no escribo nada
*
GARDALIS
a Michele, rey de Gardalis
Cammino tra la mia ombra
E l’ombra dei pini. Il mio corpo
È un pugno d’erba alla deriva
E il bosco blu che mi circonda
Sono io stesso che respiro. E non distinguo
Tra l’abete e la mia barba cresciuta. Cammino
E ogni splendore ogni penombra
Ogni ciliegia smaltata
Sono una sola cosa con il mio palato
E con il mio sesso. Gocce brillanti compaiono
Tra la mia pupilla e i verdi frutti
Dell’arancio. Spuntano ventagli
Di fresco e diamanti che non durano
Se non il tempo di un sospiro
La farfalla nasce allegramente
Dove il verme muore e nulla cresce
Senza essere stata prima un’altra creatura
Che forse sono io forse uno scoiattolo
Che si affanna nello spessore. Grida e fischi
Accompagnano lo scheletro che poco fa
Era una gazzella spaventata
E che adesso splende nella corolla
Di un fiore giallo. Tutto vola
Tutto canta o striscia senza rimedio
Come il repentino rospo d’oro
Che pure è parte della mia vita
Piange l’edera da un lato e dall’altro
La festa della lontra e la cicala
Inizia in fondo al mio sangue
Il mio cuore continua senza sforzo
La marcia misteriosa di una formica
Che non vedo. Non c’è stella
Che non brilli nella mia testa ma anche
In una pozzanghera di acqua sporca. I vecchi rami
Dell’ulivo si confondono facilmente
Con le mie ossa e non c’è sapore più perfetto
Del miracolo rinchiuso
In una goccia d’acqua
Tutto è rotondo e profumato
E perfino il mio corpo è una giungla
Dove l’amore è come la pioggia
Il mio pensiero una tartaruga
Che appena sostiene il cielo
Su un piedistallo di niente. Un profumo sacro
Di gelsomino e caprifoglio attraversa la foresta
Come una sfera celeste
Tutto mi ferisce e tutto mi illumina
Sono la freccia che vola
E anche l’animale ferito
Mi dispero per una fragile creatura
Per un uccello che muore ma mi nascondo
Dietro una maschera di fiori
Solo divido la mia tristezza con i salici
La mia allegria con la lepre
Che adesso corre al mio fianco. Non berrò mai
Il bicchiere di rugiada che fa giorno
Ogni mattina tra il fogliame
Né il raggio di sole che tanto aspetto
Sul palmo della mano. Ma abbraccio
Il vecchio rovere come se fosse mio fratello
(Che lontane ormai che lontane
Le deboli case degli uomini
Le infinite ruote del dolore
E la fatica l’oscuro bagliore
Che tutto riempie di cenere!)
Sono solo un albero
Che cammina un animale che fiorisce
Una pietra che sorride
E l’umile rana che canta vicino al fiume
Canta anche vicino al mio petto.
Si piega il sole nella foresta
Sale la luna scende il cervo al ruscello
Come a un appuntamento segreto
Seguo le sue orme la sua orina luminosa
Fino al suo regno d’alabastro
Ma sul fondo dell’acqua
Al posto della sua bellezza
Pieni di felicità e di pena
Vedo solo i miei occhi che piangono
Posto che io sia il cervo
Ma anche il ruscello.
(da Celebrazione, 2001)
*
GARDALIS
a Michele, rey de Gardalis
Camino entre mi sombra
Y la sombra de los pinos. Mi cuerpo
Es un puñado de hierba a la deriva
Y el bosque azul que me rodea
Soy yo mismo que respiro. Y a no distingo
Entre el abeto y mi barba crecida. Camino
Y cada resplandor cada penumbra
Cada cereza esmaltada
Son una sola cosa con mi paladar
Y con mi sexo. Gotas brillantes aparecen
Entre mi pupila y los verdes frutos
Del naranjo. Surgen abanicos
De frescura y diamantes que no duran
Sino el tiempo de un suspiro
La mariposa nace alegremente
Donde el gusano muere y nada crece
Sin haber sido antes otra criatura
Que tal vez soy yo tal vez una ardilla
Que se afana en la espesura. Gritos y silbidos
Acompañan el esqueleto que hace poco
Era una gacela asustada
Y que ahora esplende en la corola
De una flor amarilla. Todo vuela
Todo canta o se arrastra sin remedio
Como el repentino sapo de oro
Que también es parte de mi vida
Llora la hiedra por un lado y por el otro
La fiesta de la alondra y la cigarra
Empieza en el fondo de mi sangre
Mi corazón sigue sin esfuerzo
La marcha misteriosa de una hormiga
Que no veo. No hay lucero
Que no brille en mi cabeza pero también
En un charco de agua sucia. Las viejas ramas
Del olivo se confunden fácilmente
Con mis huesos y no hay sabor más perfecto
Que el milagro encerrado
En una gota de agua
Todo es redondo y perfumado
Y hasta mi propio cuerpo es una jungla
Donde el amor es como la lluvia
Mi pensamiento una tortuga
Que apenas sostiene el cielo
en un pedestal de nada. Un efluvio sagrado
De jazmín y madreselva cruza la floresta
Como una esfera celeste
Todo me hiere y todo me ilumina
Yo soy la flecha que vuela
Y también el animal herido
Me desespero por una frágil criatura
Por un pájaro que muere pero me oculto
Tras de una máscara de flores
Sólo comparto mi tristeza con los sauces
Mi alegría con la liebre
Que ahora corre a mi lado. No beberé jamás
La copa de rocío que amanece
Cada mañana entre el follaje
Ni el rayo de sol que tanto espero
En la palma de la mano. Pero abrazo
El viejo roble como si fuera mi hermano
(¡Qué lejos ya qué lejos
Las débiles casas de los hombres
Las infinitas ruedas del dolor
Y la fatiga la oscura llamarada
Que todo lo llena de ceniza!)
Yo soy tan sólo un árbol
Que camina un animal que florece
Una piedra que sonríe
Y la humilde rana que canta junto al río
Canta también junto a mi pecho.
Se inclina el sol en la floresta
Sube la luna baja el ciervo al arroyo
Como a una cita secreta
Sigo sus huellas su orina luminosa
Hasta su reino de alabastro
Pero en el fondo del agua
En lugar de su belleza
Lleno de felicidad y de pena
Veo sólo mis ojos que lloran
Puesto que yo soy el ciervo
Pero también el arroyo
*
Non riesco a scrivere
Senza ricordare
Per lo meno il tuo naso padre César
Non mi è possibile seppellire il tuo profilo
In una rima e nient’altro. Il bagliore
Che mette in marcia il mio scheletro
E tinge il mio sangue di rosso
Non viene dalle stelle
Bensì da te padre César
Tu che digiunavi notte e giorno
In questo mondo ma ti nutrivi
Dell’universo come hai fatto
A trasformare il tuo singhiozzo
In pane per tutti la tua scomparsa
In acqua pura?
(da Senza titolo, 2000. Il riferimento è a César Vallejo, altro poeta peruviano)
*
No me es posible escribir
Sin recordar
Por lo menos tu nariz padre César
No me es posible enterrar tu perfil
En una rima y nada más. El fulgor
Que pone en marcha mi esqueleto
Y tiñe mi sangre de rojo
No viene de las estrellas
Sino de ti padre César
Tú que ayunabas noche y día
En este mundo pero te nutrías
Del universo ¿cómo hiciste
Para convertir tu sollozo
En pan de todos tu desesperación
En agua pura?
*
GENITALI SOTTO IL VINO
Ascoltami terra, mentre scrivo così,
Nello spessore dei rami addormentato:
Il mio petto freddo vicino all’intestino
Si è cagliato. Le mie dita ingioiellate
Cercano l’Albero della Notte, inchiodano
Le loro unghie l’impronta sui grappoli
Della Vita e della Morte. Ascoltami terra
Dai grandi frutti aurei e serpenti,
Lucciola tra pareti di papiro,
Nero universo del cero e del sesso,
Giustizia del verme, cattivo Paradiso.
Guardami terra, mentre scrivo così, così
Nudo, Adamo poeta, tranquillo e triste,
In scheletro, serpe e uva trasformato.
(de Regni, 1945)
*
GENITALES BAJO EL VINO
Óyeme tierra, así, escribiendo así,
En la espesura de pámpanos dormido:
Mi pecho frío junto a mis intestinos
Se ha cuajado. Mis dedos alhajados
Buscan el Árbol de la Noche, clavan
Sus uñas de imprenta en los racimos
De la Vida y de la Muerte. Óyeme tierra
De grandes frutos áureos y serpientes,
Luciérnaga entre muros de papiro,
Negro universo del quinqué y el sexo,
Justicia del gusano, mal Paraíso.
Mírame tierra, así escribiendo, así
Desnudo, Adán poeta, quieto y triste,
En esqueleto, sierpe y uva convertido.
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