
Leonel Alvarado è nato in Honduras, a San Jeronimo, nel 1967 ed è uno degli autori più importanti del panorama poetico in lingua spagnola. Ha studiato negli Stati Uniti e in Nuova Zelanda, paese dove attualmente risiede e insegna. Ha pubblicato, oltre a saggi e narrativa, le raccolte in versi Casa vuota (1991), La furia del rovo (1994) e Ritratti parlati male (2013).
I testi che seguono sono un’autoselezione che il poeta regala ai lettori italiani. Le traduzioni inedite sono di Alberto Pellegatta.
LA VITA SENZA LA MONGOLIA
Uno compie 50, 60 anni e sa così poco
della Mongola. Qualcosa ha sentito delle sue steppe,
dei suoi cavalli, delle sue tende sollevate
in pianure dove abbonda il pascolo.
Uno è la prova che per vivere non è necessario
conoscere le mongolie dove galoppano cavalli
ignorati e si arrotolano le tende per portare
il bestiame al pascolo altrove.
Non ci dicono niente quei cavalli,
se esistono, che quelle tende
siano da altri abitate e quel bestiame
si mangi il foraggio che altri sognano.
Uno si rassegna a saperne poco della Mongolia.
Non sente la sua assenza tra gli ascensori,
il traffico e gli schermi. Sogna l’allarme
ma si sveglia lontano dalla Mongolia.
Tanti anni senza vivere in Mongolia sono la prova
di tutto ciò che è perduto, dei cavalli che non hanno mai
galoppato i nostri sogni, delle tende che non abbiamo mai
alzato per portare la vita a pascolare altrove.
*
LA VIDA SIN MONGOLIA
Uno cumple 50, 60 años y sabe tan poco
de Mongolia. Algo ha oído de sus estepas,
de sus caballos, de sus tiendas levantadas
en llanuras donde abunda el pasto.
Uno es prueba de que para vivir no es necesario
saber de las mongolias donde galopan caballos
ignorados y se enrollan las tiendas para llevar
el ganado a pastar a otra parte.
Nada nos dicen esos caballos,
si es que existen, que esas tiendas
sean por otros habitadas y ese ganado
se coma el pasto que otros sueñen.
Uno se resigna a saber poco de Mongolia.
No siente su ausencia entre ascensores,
tráfico y pantallas. Suena la alarma
pero uno despierta lejos de Mongolia.
Tantos años de no vivir en Mongolia son prueba
de todo lo perdido, de los caballos que nunca
galoparon nuestros sueños, de las tiendas que nunca
levantamos para llevar la vida a pastar a otra parte.
*
QUESTO NON È IL CORPO
Mio padre entrava all’ora di pranzo
e stendeva la sua cicatrice sulla tavola
la fame veniva con le sue bocche
a bere da quella cicatrice, a morderle le rive.
Nulla da dire «Questo è il mio corpo» ma con
sudori, la schiena spaccata sulla terra.
Per alimentare la nostra infanzia si è fatto
quel corpo, perché bevessimo da quella cicatrice.
Che dolci furono quei sudori e che triste
la schiena spaccata sulla terra.
Questa cosa della tristezza l’abbiamo saputa dopo,
quando la cicatrice non c’era più.
Un giorno ci fu l’ora di pranzo ma non il padre.
Fummo figli abbandonati da quei sudori.
L’orfanezza si riunì intorno alla tavola
e la fame fu, per sempre, la nostra cicatrice.
*
ÉSTE NO ES EL CUERPO
Mi padre entraba a la hora de la comida
y extendía su cicatriz sobre la mesa.
El hambre venía con sus bocas
a beber de esa cicatriz, a morderle las orillas.
Nada de decir «Éste es mi cuerpo» pero hubo
sudores, espalda quebrada sobre la tierra.
Para alimentar nuestra infancia se hizo
ese cuerpo, para que bebiéramos de esa cicatriz.
Qué dulces fueron esos sudores y qué triste
la espalda quebrada sobre la tierra.
Esto de la tristeza lo supimos después,
cuando la cicatriz no daba más.
Un día hubo hora de la comida pero no padre.
Fuimos hijos abandonados de esos sudores.
La orfandad se reunió alrededor de la mesa
y el hambre fue, para siempre, nuestra cicatriz.
*
PIETRE
Chiamai pietra ciascuno dei miei ricordi
e li tirai contro i finestroni dell’infanzia.
Questo nell’aria: madre che culla la propria stanchezza
in corridoio, padre che germoglia tra le radici,
figli che affogano i propri rancori nella zuppa,
cani che mordono in sogno. Moltiplicazione
di pietre, certezze distruttrici di padri, piatti,
sogni. Il male stanco, quello che è germogliato male,
i convitati alla tavola peggiore, il cattivo sognatore
sono i tagli che non cicatrizzano mai, le schegge
che, nominandole, feriscono il corpo da dentro.
*
PIEDRAS
Llamé piedra a cada uno de mis recuerdos
y los tiré contra los ventanales de mi infancia.
Esto iba por el aire: madre meciendo su cansancio
en el corredor, padre germinando entre raíces,
hijos ahogando sus rencores en la sopa,
perros que me mordían en el sueño. Multiplicación
de piedras, certeras quebradoras de padres, platos,
sueños. La mal cansada, el que germinó mal,
los convidados a mala mesa, el mal soñador
son los cortes que nunca cicatrizan, las astillas
que, al nombrarlas, hieren al cuerpo por dentro.
*
SALA D’ATTESA
Incendi, guerre, terremoti,
migrazioni, evacuazioni, separazioni;
non mancano scuse alla vita per dire
a chi si avvicina allo sportello: Scusi,
la felicità non può riceverla in questo momento.
*
SALA DE ESPERA
Incendios, guerras, terremotos,
migraciones, evacuaciones, separaciones;
no le faltan excusas a la vida para decirle
al que se acerca al mostrador: Disculpe,
la felicidad no puede recibirlo en este momento.
*
MAPPA
In ognuno ci sono parti del corpo
- quella toccata dal filo o dalla carezza,
dalla malattia o dalla caduta -
che non usciranno mai dal passato.
Il corpo rimane segnato in molti modi,
in molti modi è amato o violato.
Ogni corpo è una mappa che segnala le parti
che sono ancora disperse nel passato.
*
MAPA
En cada quien hay partes del cuerpo
- la tocada por el filo o la caricia,
por la enfermedad o la caída -
que nunca saldrán del pasado.
El cuerpo queda marcado de muchos modos,
de muchos modos es querido o violentado.
Cada cuerpo es un mapa que señala las partes
que siguen extraviadas en el pasado.